domenica 28 luglio 2013

RALLENTA MAMMA!


Rallenta mamma,non c'è bisogno di correre
rallenta mamma,qual è il problema?
rallenta mamma,concediti una tazza di caffè
rallenta mamma,vieni e stai un po' con me.
rallenta,mamma,mettiamoci gli stivali e
andiamo a fare una passeggiata...
raccogliamo le foglie,sorridiamo,ridiamo,
parliamo.
Rallenta mamma,sembri così' stanca,
vieni,accoccoliamoci sotto le coperte,
riposa insieme a me.
Rallenta mamma,quei piatti sporchi
possono aspettare,
rallenta mamma,dai divertiamoci-facciamo
una torta!
rallenta mamma,lo so che lavori tanto
ma a volte,mamma è bello quando
semplicemente ti fermi per un po'.
Siediti con noi un minuto,
ascolta com'è andata la nostra giornata,
trascorri con noi qualche momento in
allegria,
perché la nostra infanzia non rallenterà!

CONGEDO DI MATERNITA’


INIZIAMO
· Consegna il certificato attestante la gravidanza che ti avrà rilasciato il tuo medico di famiglia o il ginecologo.
· La legge prevede il diritto ad essere adibita a mansioni che non mettano a rischio la tua salute o quella del bambino.
· Nel caso in cui il tipo di mansione che svolgi sia già di per sé a rischio oppure la tua gravidanza sia rischiosa oppure l’Azienda non è in grado di trovare un soluzione lavorativa idonea al tuo stato puoi sempre richiedere l’ASTENSIONE ANTICIPATA dal lavoro e quindi assentarti dal lavoro con la garanzia del mantenimento del posto e della retribuzione al 100%.
ASTENSIONE OBBLIGATORIA
CONGEDO DI MATERNITA’
· La legge prevede l’ASTENSIONE OBBLIGATORIA DAL LAVORO  al compimento del 7° mese di gestazione fino al compimento del 3° mese di vita del tuo bambino. ( IN TOTALE 5 MESI )
· In questo periodo è vietata qualunque attività lavorativa.
· La legge però prevede, nel caso in cui la tua gravidanza o lattività svolta non presentino alcun rischio, la possibilità di posticipare lastensione obbligatoria all8° mese e quindi la sua conclusione al 4° mese di vita del bambino. In questo caso la scelta deve essere supportata da idonea documentazione medica che attesti il tuo stato di buona salute e del tuo bambino.
· Prima dell’inizio del congedo di maternità devi presentare al datore di lavoro il certificato attestante la data presunta del parto ed entro 30 giorni dalla nascita del tuo  bambino devi presentare all’Azienda il certificato di nascita.
· Nel caso di parto prematuro o precedente alla data presunta indicata nel certificato medico, tutti i giorni non goduti verranno recuperati e sommati al periodo di astensione obbligatoria post parto.
TRATTAMENTO ECONOMICO
· Durante il periodo di astensione obbligatoria hai diritto al 100% della retribuzione, al mantenimento del posto di lavoro, alla maturazione delle ferie, della tredicesima e dell’anzianità.
· Le ferie che ti spettano nell’anno non possono essere godute contemporaneamente al congedo di maternità, di norma vengono godute immediatamente dopo la fine del periodo di astensione obbligatoria, quindi attaccate al congedo di maternità.
ASTENSIONE FACOLTATIVA
CONGEDO PARENTALE
 Alla fine del congedo di maternità hai diritto ad altri sei mesi di congedo parentale ( ASTENSIONE FACOLTATIVA ) da utilizzare entro l’8° anno di vita del bambino. Puoi utilizzare i sei mesi in modo continuativo o frazionato.
· Nel caso in cui tu voglia utilizzare il congedo parentale devi dare ufficiale comunicazione all’Azienda attraverso l’apposito modulo di norma 15 giorni prima dell’inizio del congedo parentale, indicando la durata dello stesso.
TRATTAMENTO ECONOMICO
· I primi 30 giorni di congedo parentale sono pagati al 100% se ti assenti nei primi 3 anni di vita del bambino.
· I restanti 5 mesi sono pagati al 30% se ti assenti nei primi 3 anni del bambino.
· Se ti assenti successivamente al compimento del 3° anno di vita del bambino, hai diritto all’astensione e all’indennizzo solo in determinate condizioni economiche che potrai verificare presso i nostri uffici competenti..
· I periodi di congedo parentale valgono al fine della maturazione dell’anzianità, ma non fanno maturare ferie e tredicesima.
                                                                     PERMESSI
· RIPOSI GIORNALIERI ( ALLATTAMENTO): hai diritto a periodi di riposo pari a 2 ore al giorno (calcolate su un turno di 8 ore ) assentandoti dal lavoro entro il primo anno di vita del bambino.
· In caso di parto gemellare i riposi raddoppiano.
· PERMESSI PER LA MALATTIA DEL FIGLIO: hai diritto a 30 giorni di assenza retribuita per ciascun anno di età del tuo bambino fino al compimento del 3° anno di vita.
· Dal 3° all’8° anno di vita del bambino hai diritto a 5 giorni NON retribuiti all’anno, presentando la certificazione di malattia del bambino.
· Non sei obbligata al rispetto delle fasce orarie dei controlli, né sottoporre il bambino a visita fiscale.
DIVIETI
· Non puoi essere adibita a turni notturni fino al compimento del 1° anno di età del bambino.
· Non puoi essere obbligata a prestare turni notturni fino al compimento del 3° anno di età del bambino. Nel caso tu sia l’unico genitore affidatario del bambino il non obbligo si estende fino al 12° anno di età.
· E’ vietato il contatto con sostanze pericolose, dannose, agenti chimici, agenti biologici fino al termine dell’allattamento.
……E I PAPA’?
· I papà godono degli stessi diritti della mamma, tranne quello di partorire……..
· Hanno diritto al congedo di maternità ( astensione obbligatoria) nel caso in cui la mamma non possa utilizzarlo o deceda o abbandoni il bambino.
· Hanno diritto al congedo parentale ( astensione facoltativa ) per un periodo massimo di 6 mesi con le stesse regole della madre, ma se utilizzano il congedo per tre mesi consecutivi hanno diritto ad mese in più: da 6 a 7 mesi.
· Hanno diritto ai riposi giornalieri nel caso in cui la mamma non li utilizzi.
ADOZIONI E AFFIDAMENTI LEGALI
· Nel caso di affido o di adozione di un minore spettano gli stessi diritti, ma con estensioni temporali differenti a seconda dell’età del bambino adottato o affidato.

QUESTA E' UNA BREVE DESCRIZIONE SPERO TORNI UTILE..INFORMATEVI SEMPRE SU AGGIORNAMENTI E COMUNICAZIONI DA INVIARE AL DATORE DI LAVORO E INPS..INFORMATEVI IN BASE AL VOSTRO CONTRATTO DI LAVORO..

L'Amore che provi per un figlio..

La magia di mio figlio

Storia di una madre


Una madre sedeva accanto al suo bambino, era molto triste e temeva che morisse. Era così pallido, con gli occhietti chiusi, respirava a fatica e ogni tanto tirava un sospiro, ansimante quasi un gemito; la madre lo guardava allora col cuore ancora più addolorato.

Bussarono alla porta e entrò un povero vecchio, avvolto in una grande coperta di quelle che si mettono di solito sui cavalli e che teneva molto caldo, e proprio di questo lui aveva bisogno, perché era un inverno rigido: fuori tutto era coperto di neve e di ghiaccio e il vento soffiava da tagliare il viso.
Il vecchio tremava per il freddo, e poiché il bambino si era assopito un momento, la madre andò a mettere della birra sulla stufa, affinché si scaldasse e potesse riscaldare il vecchio mentre lui cullava il bambino, poi gli sedette accanto, guardò i bambino malato che respirava a fatica, e gli sollevò una manina.

"Credi che lo perderò?" chiese. "Il Signore non vorrà togliermelo!"
Il vecchio, che era la morte in persona, fece un cenno molto strano che poteva significare sì o no. La madre abbassò lo sguardo e le lacrime le scorsero lungo il viso; la testa le si appesantì; per tre giorni e tre notti non aveva chiuso occhio e ora si assopì, ma solo per un istante, poi sussultò, con un brivido di freddo. "Che è successo?" esclamò guardando da ogni parte. Il vecchio se n'era andato, e anche il suo bambino era sparito; il vecchio l'aveva portato via con sé. Dall'angolo giungeva il tic-tac dell'orologio, poi il grande pendolo rotolò sul pavimento, bum! e anche l'orologio si fermò.
La povera madre si precipitò fuori casa chiamando il suo bambino.
Là fuori, nella neve, si trovava una donna con un lungo abito nero che le disse: "La morte è stata a casa tua, l'ho vista uscire di corsa col tuo bambino; va più veloce del vento e non riporta mai quello che ha preso!."
"Dimmi da che parte è andata!" implorò la madre "dimmi la direzione e io la troverò."
"Io la conosco!" rispose la vecchia vestita di nero "ma prima che te lo dica, devi cantare per me tutte le canzoni che hai cantato al tuo bambino! Mi piacciono molto, le ho già sentite perché io sono la notte, e ho visto le tue lacrime mentre le cantavi!"
"Te le canterò tutte, tutte!" rispose la madre "ma non mi fermare ora, devo raggiungerli, devo trovare mio figlio!"
Ma la notte rimase muta e immobile, e la madre, torcendosi le mani, cantò e pianse; erano molte le canzoni, ma erano molte di più le lacrime! Infine la notte disse: "Vai a destra e inoltrati nel buio bosco di abeti, lì ho visto dirigersi la morte col tuo bambino."
Nel bosco le strade si incrociavano e la povera donna non seppe più da che parte andare; vide un rovo, senza più fiori né foglie, perché era inverno, e dai rami pendevano soltanto ghiaccioli.
"Hai forse visto passare la morte e il mio bambino?"
"Sì" rispose il rovo "ma non ti dirò da che parte sono andati se non mi riscalderai sul tuo cuore! Sto morendo di freddo e sono tutto gelato!."
E lei strinse forte al petto il rovo, affinché questo si riscaldasse; le spine le penetrarono nella carne e da lì sgorgarono grosse gocce di sangue, ma al rovo spuntarono in quella gelida notte invernale nuove foglioline verdi e sbocciarono fiori; tanto ardeva il cuore di quella madre in pena! Il rovo le indicò poi la strada.
Lei giunse a un grande lago, dove non c'erano né navi né barche. Il lago non era gelato tanto da poterla reggere, ma neppure era tanto basso che potesse attraversarlo a guado pure doveva attraversarlo, se voleva ritrovare il suo bambino. Allora si chinò per bere tutta l'acqua del lago; non era una cosa possibile per un essere umano, ma poteva sempre avvenire un miracolo.
"No, è impossibile!" le disse il lago "cerchiamo invece di metterci d'accordo. Io colleziono perle e i tuoi occhi sono le perle più lucenti che abbia mai visto. Se piangerai tanto da farli cadere dentro di me, ti porterò sull'altra riva, alla grande serra dove la morte abita e coltiva alberi e piante; ognuno di loro è una vita umana."
"Oh, cosa non darei per raggiungere mio figlio!" esclamò la madre piangendo, e pianse finché gli occhi caddero nel lago trasformandosi in due perle preziose. Il lago allora la sollevò, e a lei sembrò di essere in altalena, e volò in un colpo solo fino all'altra riva, dove si trovava una dimora molto strana che si estendeva per miglia e miglia e non si capiva se era una montagna con boschi e grotte, o se era stata edificata ma la povera madre non potè vederla, perché non aveva più gli occhi per il gran piangere.
"Dove posso trovare la morte, che s'è presa il mio bambino?" chiese la madre.
"Qui non è ancora arrivata" rispose la vecchia becchina che faceva la guardia alla grande serra della morte. "Come hai fatto a arrivare fin qui, chi ti ha aiutato?"
"Il Signore mi ha aiutata!" rispose la madre. "Egli è misericordioso e siilo anche tu: dove posso trovare il mio bambino?"
"Io non lo conosco" rispose la donna "e tu non ci vedi! Molti fiori e molte piante sono appassiti questa notte e la morte arriverà presto per trapiantarli. Tu sai che ogni essere umano ha il suo albero della vita o il suo fiore, a seconda di come ciascuno è fatto. Apparentemente sono come le altre piante della natura, ma hanno un cuore che batte. Anche il cuore dei bambini batte! Ascoltali! Forse saprai riconoscere quello di tuo figlio. Ma che cosa mi dai, perché ti dica che altro devi fare?"
"Non ho nulla da darti" disse la madre afflitta "ma andrei in capo al mondo per te!"
"No, non ho nulla da fare là!" rispose la donna "ma mi puoi dare i tuoi lunghi capelli neri. Tu stessa sai quanto sono belli e a me piacciono! Avrai i miei capelli bianchi in cambio. È sempre qualcosa!"
"Se non desideri altro" le rispose la madre "te li do con gioia!" e così le diede i suoi bei capelli neri e ricevette quelli della vecchia, bianchi come la neve.
Entrarono nella grande serra della morte, dove fiori e piante crescevano mescolati in modo strano. C'erano sottili giacinti sotto campane di vetro e c'erano peonie grosse e robuste; crescevano piante acquatiche, alcune molto fresche, altre un po' malate; vi si appoggiavano le bisce acquatiche, e i granchi neri ne afferravano gli steli. C'erano splendide palme, platani e querce, piantine di prezzemolo e di timo fiorito; ogni albero e ogni fiore aveva il suo nome e ognuno rappresentava una vita umana, una persona ancora in vita, in Cina, in Groenlandia, in tutto il mondo. C'erano grandi piante in vasi molto piccoli, che soffocavano e sembrava che stessero per spezzare il vaso, c'erano anche da molte parti piccoli fiori insignificanti piantati nella terra, circondati dal muschio, ben custoditi e curati. La madre afflitta si chinava sulle piante più piccole e ascoltava il loro cuore che batteva, e tra milioni di cuori riconobbe quello del suo bambino.
"È questo!" gridò, e tese la mano verso un piccolo croco azzurro, debolmente piegato da un lato.
"Non toccare il fiore!" gridò la vecchia "mettiti qui e quando la morte arriverà, e sarà qui tra poco, impediscile di strappare la pianta minacciando di strappare tutti gli altri fiori. Avrà paura, perché ne risponde davanti al Signore, e nessuno può sradicarli senza il suo permesso."
Improvvisamente soffiò un'aria gelida per il salone e la madre cieca capì che la morte stava arrivando.
"Come hai fatto a arrivare fin qui?" le chiese "come hai potuto arrivare prima di me?"
"Sono una madre!" rispose lei.
E la morte tese la sua lunga mano verso quel fiorellino delicato, ma lei vi tenne sopra le mani sfiorandolo quasi e temendo di toccare uno solo dei suoi petali. Allora la morte soffiò su quelle mani, e lei sentì che era ben più fredda del vento gelato, e le sue mani ricaddero inerti.
"Tu non puoi nulla contro di me!" disse la morte.
"Ma lo può il Signore!" rispose la madre.
"Io faccio ciò che Lui vuole!" replicò la morte. "Io sono il suo giardiniere! Colgo tutte le sue piante e i suoi fiori e li ripianto nel grande giardino del paradiso, in una terra sconosciuta, ma non oso raccontarti come vi crescano e come sia il luogo."
"Rendimi mio figlio!" supplicò la madre piangendo, e improvvisamente afferrò due bei fiori che si trovavano lì vicino e gridò alla morte: "Strapperò tutti i tuoi fiori! Sono disperata!."
"Non toccarli!" disse la morte. "Dici di essere infelice e ora vuoi rendere un'altra madre altrettanto infelice?"
"Un'altra madre?" chiese la povera donna, lasciando immediatamente i due fiori.
"Ecco i tuoi occhi, li ho ripescati dal lago" disse la morte "splendevano lucentissimi, ma non sapevo che fossero tuoi. Riprendili, ora vedrai meglio di prima; guarda nel pozzo profondo qui vicino: io chiamerò per nome i due fiori che tu volevi strappare, così potrai vedere il loro futuro, la loro vita di uomini; guarda quello che volevi turbare e distruggere!"
La madre guardò nel pozzo; era una gioia osservare come uno dei fiori diventasse una benedizione per il mondo, e quanta gioia e felicità si spandesse intorno a lui. Poi guardò la vita dell'altro fiore, e era solo dolore e miseria, orrore e infelicità.
"Entrambi sono volontà di Dio!" commentò la morte.
"Quali dei due fiori è quello dell'infelicità e quale quello della benedizione?" chiese la madre.
"Non te lo dico" rispose la morte "ma sappi che uno dei due fiori è quello di tuo figlio; hai visto il destino di tuo figlio, il suo futuro!"
La madre gridò di terrore: "Quale dei due era mio figlio? Dimmelo! Salva l'innocente! Salva mio figlio da tutta quella miseria! Portalo via, piuttosto! Portalo nel regno di Dio! Dimentica le mie lacrime, dimentica le mie preghiere e tutto quello che ho detto e fatto!."
"Non ti capisco!" disse la morte "vuoi riavere tuo figlio oppure devo portarlo nel paese che ti è sconosciuto?"
La madre si gettò in ginocchio e, torcendosi le mani, pregò il Signore: "Non ascoltarmi, se prego contro la tua volontà, che è la migliore! Non ascoltarmi! Non ascoltarmi!."
E piegò il capo in grembo.
La morte se ne andò col bambino in quel paese sconosciuto.
Una fiaba di Hans Christian Andersen


POESIA..''MAMMA''..


La madre casalinga di Piero Jahier


Nonostante le possibilità nuove che il lavoro offre alla donna moderna, in essa noi ravvisiamo sempre la madre, la sorella, la sposa, la compagna della nostra vita, colei che rende meno aspro e più dolce il cammino dell'uomo.
I bambini non vogliono un'incubatrice, una lavapiatti automatica, un aggeggio meccanico che culli i loro sonni, plachi i loro terrori notturni, sopisca le loro ansie. Vogliono una mamma, una donna. E, quasi certamente, un loro bisogno egoistico, una pretesa imperiosa, che non sempre retribuisce, in moneta sonante di affetto e di gratitudine, quanto vien loro dato: però è un' esigenza primordiale della natura umana, come vi illustra Pietro Jahier, dedicata alla madre casalinga, che, spesso, non è ricambiata neppure da un sorriso di riconoscenza o da una parola di comprensione.
La madre casalinga
I figlioli che vogliono essere capiti, che cosa capiscono alla loro volta delle persone care che vivono ed operano per loro?
I figlioli ignorano che quando tutti dormono le ore buone della mattina la madre ha già acceso il fuoco, aperto al lattaio, stabilito il suo piano
strategico  per la giornata; che è tornata di mercato con la borsa stivata di provviste da indolenzirle il braccio, dopo aver speso tanti sorrisi e
tanto fiato per tirar sulle compere, dopo aver resistito tutta la via alla tentazione di salire in tranvai, perché il tranvai costa e annulla il risparmio.
Per i figlioli trovar la tavola apparecchiata è cosa naturale, perché si dovrebbe particolarmente esserne grati? La tavola apparecchiata è un'immancabile necessità. Eh! - han l'aria di pensare quando la madre insinua i suoi diritti di benemerenza - le gioie cominciano oltre il cibo!
Anzi l'esplicazione di queste virtù domestiche li trova spesso freddi e riottosi. Spesso la madre quando porta in tavola, dopo tanto arrovellarsi ai fornelli, spia trepidando l'impressione del primo boccone easpetta una parola; ma ecco: il ragazzo s'è intestato a tener aperto vicino alla scodella il testo latino e alterna un distico a un morso, distrattamente, da uomo superiore; gli altri non s'interessano che quando fa le parti: allora a quello non piace il callo, l'altro è disgustato del grasso e le imputa di non essersene ricordata, il terzo fa il delicato e le raccomanda: poco... come se un brincello di pietanza di più lo dovesse rovinare. E quando manca qualcosa:
La frutta, oggi non c'è frutta. - E quasi non bastasse, attaccano perfino i capisaldi su cui poggia l'approvvigionamento e la preparazione del desinare: secondo loro il desinare dovrebbe essere basato non su quello che è conveniente, non su quello che fa comparita, non su quello
che sazia, ma su quello che piace.
Hanno sempre una lezione da ripassare quando c'è da apparecchiare... e quando c'è da sparecchiare han da fare la cartella.
Poi filano a scuola, vuotano la casa e la madre rimane triste, poggiando i gomiti sulla tavola disordinata, da disfare come la mostra d'un
negozio d'estate. Valeva la pena di prodigar le cose migliori! Triste rimane, di quel suo perpetuo fare e disfare senza soddisfazione, e le
riesce più pesante rimettersi in cammino.
Soprattutto rigovernare. La cucina è opprimente nelle ore pomeridiane: invasa dai fumi, dagli odori nauseabondi che salgono dai piani di sotto per il cortiletto comune: di vivande, di lenzuola sordide penzolanti a rifascio dalla finestra del malato che s'alza a mezzogiorno.
Eppure bisogna rigovernare: per rigovernare è necessario immergere le mani nel ranno Il bollente che irruvidisce la pelle e poi la screpola
lasciandovi le sue morsure nere.
Ci vorrebbero i guanti, ma i denari per i guanti non ci sono.
Dunque bisogna rigovernare - l'acquaio ammorba con le sue tanfate di lezzo rancido.
Ahimè! che bisogna proprio rigovernare! Bisogna sempre rifarsi da capo ogni giorno: risciacquare i tegami, risbucciare le patate, rinettare i legumi, rirosolare i soffritti, riapparecchiare, riportare in tavola col sorriso alle labbra.
E poi rigovernare ancora.: ma perfino i tegami
 stanchi non rendono più, e traverso le screpolature delle vernici bevon gl'intingoli; lo smalto vetrino delle cazzeruole s'è scheggiato in piaghe rugginose! La dentiera della grattugia è rada: e quei figlioli così sconoscenti non capiscono che per andare avanti ci vuole a volta una parola buona come a un cavallo avvilito! 
di Piero Jahier 

venerdì 26 luglio 2013

... E' la felicità


I figli ti insegnano a ridere di nuovo. A crepapelle.
Quando niente è andato per il verso giusto, quando senti il peso di ogni insuccesso, basta il rumore di due piedini che corrono sul vialetto, un salto, piccole braccia che ti si stringono intorno al collo, un largo sorriso, il racconto-fiume degli avvenimenti della giornata... e tutto inizia ad andare per il verso giusto!
Penso di aver fatto qualcosa di speciale nella vita per meritare un figlio come te.
Anche se un figlio entra ed esce di casa in soli dieci minuti, lascia dietro di sé un turbine di aria fresca.
Per quanto dura possa essere stata la giornata, il visetto sorridente del tuo bambino premuto contro il vetro della finestra è un rimedio sicuro.
I genitori non conoscono la felicità perfetta finchè non sollevano in aria il loro bambino, facendolo dondolare e ridere di gioia!
Un figlio è l'indennità maggiore che la vita possa offrire.
Pam Brown

Figli


Vi amai
ancor prima
di sentirvi dentro di me,
con l'inquietudine e la speranza
dell'attesa più dolce.
Vi ho amati
per lunghi anni
osservando la vostra crescita,
con la protezione e la tenerezza
della maternità più pura.
Vi amo
Ogni giorno, ora, istante
Con partecipazione e gratitudine
Per la vostra vita.
Vi amerò
All'infinito
Con costanza e intensità
Anche oltre il mio ultimo respiro.
G.C

Una figlia..


Uno sbalordimento. Una perfezione. La cosa più nuova al mondo.
Così piccola. Così piena di segreti.
E ogni giorno porta nuove meraviglie: poichè ogni sorriso, ogni gesto è un incanto.
Ogni cosa è inattesa.
Il suo volto si illumina quando tu.. proprio tu, entri nella sua visuale. Le tue canzoni la deliziano, solo tu sei quella che la fa addormentare a carezze, allontanare le sue paure, portarla dalle lacrime al riso.
E' così bella, così divertente, così vivace, così decisa.
E ti ama con tutto il suo cuore.
Chi ha avuto una figlia così cara, non ha fallito nella vita.
Pam Brown

Se un bambino vive

Se un bambino vive nella critica impara a condannare. 
Se un bambino vive nell'ostilità impara ad aggredire. 
Se un bambino vive nell'ironia impara ad essere timido. 
Se un bambino vive nella vergogna impara a sentirsi colpevole. 
Se un bambino vive nella tolleranza impara ad essere paziente.
Se un bambino vive nell'incoraggiamento impara ad avere fiducia.
Se un bambino vive nella lealtà impara la giustizia.
Se un bambino vive nella disponibilità impara ad avere una fede.
Se un bambino vive nell'approvazione impara ad accettarsi.
Se un bambino vive nell'accettazione e nell'amicizia impara a trovare l'amore nel mondo.